DA ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXV SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI
STORICI
Campidoglio, 21-22 aprile 2015
“Sapienza” Università di Roma
LA CONVENZIONE DI TAUROGGEN DEL 30 DICEMBRE 1812 E IL RUOLO
IGNORATO
DI UN GENERALE ITALIANO AL SERVIZIO RUSSO
E’
poco noto che la sconfitta di Napoleone in Russia fu determinata dalla Royal
Navy. Il piano originario era infatti di puntare su San Pietroburgo col
classico sistema delle guerre del Baltico, ossia con un piede a terra e uno in
mare. Napoleone aveva perciò ammassato nei porti anseatici tremila cannoniere
con cui intendeva controllare la costa delle Province Baltiche dell’Impero
Russo e risalire la Dvina (o Daugava, il fiume che attraversa la Lettonia e la
Bielorussia), sia per rifornire le truppe sia per isolare la capitale russa. Lo
scopo della guerra era costringere lo zar Alessandro a tornare nel blocco
continentale chiudendo il porto di Riga alle merci inglesi[1].
Ma proprio l’adesione della Russia al blocco continentale aveva provocato la
guerra con l’Inghilterra, e dal 1807 ogni estate sette vascelli inglesi
attaccavano il commercio russo nel Baltico. Questo fattore, inizialmente
sottovalutato, provocò alla fine la rinuncia di Napoleone a rischiare le
cannoniere e lo spinse a deviare la direttrice, inseguendo follemente le due
armate russe che, prive di un vero capo e di un vero piano strategico,
cercavano solo di guadagnare tempo ritirandosi verso Mosca.
Pertanto
l’avanzata su Riga fu ridimensionata e affidata a un solo corpo d’armata,
comandato dal maresciallo Macdonald. Questo corpo era formato per metà da
polacchi e renani e per metà da prussiani, questi ultimi comandati dal generale
Johann David Ludwig Yorck
von Wartenburg (1759-1830). Si sperava che i contadini lituani, lettoni ed
estoni fossero attratti dalla riforma agraria prussiana attuata nel 1807 dal
barone Stein (che però si era poi rifugiato in Russia) e accogliessero gli
alleati di Napoleone come i liberatori dall’oppressione dei latifondisti.
Questi però non erano russi, ma l’aristocrazia tedesca discendente dai
cavalieri teutonici (quelli del famoso film Aleksandr Nevskij). Di russo le
Province Baltiche avevano già allora solo la bandiera: come annotava stupita
nel gennaio 1815, durante una breve sosta a Riga, Louisa Catherine Adams[2],
la moneta erano corona, tallero e fiorino, la religione quella luterana, le
leggi quelle svedesi e la lingua il tedesco. In compenso la nobiltà
balto-tedesca era fedelissima allo zar, perché monopolizzava le alte cariche
militari e di corte. D’altra parte pure la nascente borghesia illuminata
autoctona oppose ai “liberatori” prussiani il grido Wir sind Russen! (noi siamo russi!).
Paralizzato
da un fronte troppo esteso, da un falso obiettivo (la piazza sulla Dvina a
monte di Riga) e da enormi difficoltà logistiche, Macdonald temporeggiò sotto
Riga finché non ebbe inizio la tragica ritirata della Grande Armée. Il
governatore di Riga era il modenese Filippo Paulucci, uno dei dieci generali
italiani al servizio russo durante la guerra patriottica del 1812 e uno dei
personaggi di Guerra e pace di
Tolstoj[3].
Fu costui, ai primi di novembre, ad intavolare un negoziato segreto con Yorck
per convincerlo ad abbandonare i francesi. Quando Macdonald ordinò la ritirata
al confine prussiano, Yorck tenne separato il suo contingente e, strada
facendo, finì circondato da un’Armata russa comandata da un tedesco (Diebitsch)
che aveva come consulente Carl von Clausewitz, uno dei trecento ufficiali
prussiani che alla vigilia della guerra avevano ottenuto il congedo dal re ed
erano passati al servizio russo.
Depistando
abilmente Paulucci, che inseguiva Yorck per concludere il negoziato, Clausewitz
riuscì infine a convincere il comandante prussiano, e il 30 dicembre Yorck e
Diebitsch firmarono al mulino di Tauroggen la storica convenzione che accordava
alla Divisione prussiana lo status di truppa neutrale. Malgrado l’iniziale
sconfessione del re di Prussia, la convenzione fu appoggiata dal barone Stein
e, lasciando libero passo all’avanzata russa, innescò la defezione
dall’alleanza francese non solo della Prussia ma poi anche dell’Austria e degli
altri ex-vassalli tedeschi di Napoleone. Così la «guerra patriottica» russa fu
prolungata nelle campagne del 1813, 1814 e 1815 che in Germania e in Austria
sono ancor oggi chiamate «guerra di liberazione» (Befreiungskrieg) e in Russia «campagne per la liberazione
d’Europa».
Il giudizio di Napoleone fu che «la défection du
général York p[ouvai]t changer la politique de l’Europe». E l’11 gennaio 1813
ordinò di comunicare a Macdonald «l’indignation que la lettre du général York a
produite dans toute la nation et le mouvement national qui en est la
conséquence»[4]. Secondo Clausewitz la conseguenza strategica fu
d’impedire ai francesi di fermare l’avanzata russa al Niemen[5]
e di trascinare di fatto la Russia nella prosecuzione della guerra in Germania[6].
Yorck
e Tauroggen divennero però uno dei miti politici fondanti non solo
dell’identità nazionale tedesca, ma di un’identità fondata sul “Sonderweg”, la
“differenza” della
modernità tedesca dalla modernità borghese e decadente dell’Occidente,
in cui veniva ricompresa l’idea del Drang nach
Osten, la colonizzazione, o piuttosto la fecondazione tedesca della Russia, o
quanto meno di un destino comune tra Russia e Germania. Il
mito tedesco di Tauroggen sfruttò pure la circostanza che la stretta finale su Yorck fu condotta da Clausewitz,
venerato in Germania non tanto come teorico della guerra, quanto come
l’ideologo del patriottismo prussiano, per i tre promemoria (Bekenntnisse)
del febbraio 1812 a Gneisenau, in cui aveva giustificato la scelta di un quarto
degli ufficiali prussiani di riprendere la lotta contro Napoleone passando al
servizio russo. Al mito di Tauroggen
contribuì grandemente la biografia di Yorck pubblicata nel 1852 dal grande
storico prussiano Johann Gustav Droysen
(1808-1884)[7].
Nel 1896 una targa di bronzo commemorativa della convenzione
di Tauroggen fu apposta nell’Orangerie dei nuovi giardini di Potsdam. E ancora
nel 1912, quando il pendolo russo era tornato verso la Francia, in Germania si
celebrava il centenario della legione russo-tedesca, mentre a Tauroggen, sotto
il tiglio piantato un secolo prima per ricordare la convenzione, fu eretto un
monumento commemorativo (un cubo di granito di 2 metri di lato poggiato su
quattro sfere di bronzo, con iscrizione bilingue in russo e in tedesco, su
progetto di Leopold von Kalkreuth). Il monumento fu inaugurato congiuntamente
dal comandante del 1° battaglione cacciatori della Prussia Orientale, di stanza
a Ortelsburg [ora Szczytno in Polonia] e intitolato a Yorck von
Wartemburg, e dal generale balto-tedesco Pavel Karlovič Rennenkampf
(1854-1918), aiutante generale dello zar, passato alla storia per le fallite
offensive della grande guerra in Prussia Orientale, destituito da Kerenskij e
fucilato dai bolscevichi a Taganrog (la città “italiana” e “garibaldina” del
mar d’Azov).
La convenzione di Riga del 21 settembre 1919 tra il
generale balto-tedesco Rüdiger von der Golz (1865-1946) e il principe cosacco
Pavel Rafailovič Bermondt-Avalov (1877-1974), comandante dell’Armata
occidentale dei Russi “bianchi”, che prevedeva il concorso dei corpi franchi
tedeschi alla difesa della sovranità russa sul Baltico sia contro i bolscevichi
che contro il governo democratico estone sostenuto dalle forze anglo-francesi, fu
sconfessata dal governo socialdemocratico Noske. Ciò esaltò la valenza
revanscista, antioccidentale ed eversiva del mito di Tauroggen. Tema ripreso
poi, in chiave soprattutto geopolitica, nella Repubblica Democratica Tedesca,
dove i soldati comunisti facevano la guardia alla tomba di Clausewitz e
sfilavano col passo dell’oca al ritmo della Yorck’scher March[8].
Il cippo del 1912 è andato in rovina, ma nel 1976, a
2 km SO di Tauroggen, vicino al punto in cui sorgeva il mulino ad acqua di
Poscherun, ne fu eretto un altro con iscrizione in lituano e russo, opera
dell’architetta lituana Matschuleit.
Oltre alle implicazioni geopolitiche, comuni sia alla destra che alla sinistra, Tauroggen fu esaltata dalla destra per le sue latenti implicazioni costituzionali. La figura di Yorck fu esaltata per invalidare la lealtà della Reichswehr alla Repubblica di Weimar sorta dall'ingiusta pace di Versailles. Il regime nazista gli dedicò infatti un film e gli intitolò uno dei nuovi incrociatori della Kriegsmarine. In Teoria del partigiano (1963) Carl Schmitt (1888-1985) fece di Tauroggen il prototipo dell'iniziativa militare estesa sino alla suprema decisione, la «scelta del nemico», che nella sua visione costituisce l'essenza stessa del politico, paragonando Yorck al de Gaulle del 1940 e ai generali francesi che nel 1960 si ribellarono contro la decisione di lasciare l’Algeria.
Anche al di fuori della
tradizione tedesca, la fama di Clausewitz ha ovviamente oscurato il ruolo di
Paulucci a Tauroggen. Nel 1945 Cecil Scott Forester (1899-1966) fece della
convenzione russo-prussiana il canovaccio di Commodore Hornblower [uno dei tanti romanzi della celebre serie
dedicata alle imprese della Royal Navy durante le guerre della rivoluzione e
dell’impero francese], immaginando una missione segreta del fittizio eroe
Horatio Hornblower per mettere in contatto Clausewitz e Yorck!
In Russia, paradossalmente,
Tauroggen sembra essere stata dimenticata. Eppure per un secolo, dal 1815 al
1914, la stabilità dell’Europa si resse sull’asse russo-tedesco, più volte
formalizzato, e da ultimo col Patto dei Tre Imperatori tessuto da Bismarck, di
cui la Triplice Alleanza era inizialmente un corollario. Questo asse si incrinò
nel 1893-94, quando, per poter finanziare la prosecuzione della Transiberiana
al Pacifico, la Russia accettò un prestito francese (non più restituito e poi
oggetto di un negoziato franco-russo che si trascina da un secolo e non è
ancora approdato a una soluzione definitiva). Col prestito venne l’alleanza
franco-russa del 1894 che George Kennan[9] – il famoso «Mister X»
autore del Long Telegram da cui presero avvio la strategia americana del
containment e la guerra fredda, ma in seguito fautore del dialogo
russo-americano e morto centenario nel 2001 predicando invano all’Occidente di
non allargarsi ad Est, giudicò «fatale», scorgendovi la causa ultima della
grande guerra e di tutte le altre che ne sono scaturite e che sono tuttora in
corso «mit anderen Mitteln», per dirla con Clausewitz. Non meno fatale fu però
la disastrosa russa nella competizione con la Gran Bretagna per il controllo
della Cina, da cui scaturirono l’alleanza anglo-giapponese (1902), la guerra
per procura inglese del Giappone contro la Russia, la rivoluzione del 1905, e
l’accordo di Teheran del 1907 che, sulla pelle della democrazia persiana,
avrebbe dovuto archiviare il «grande gioco» e che invece spinse l’Impero
zarista verso l’abbraccio mortale con il “Primo Occidente” anglo-francese nato
sessant’anni prima sotto le mura di Sebastopoli.
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVI
Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”
(organizzato dall’Unità di ricerca
‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con
la collaborazione della ‘Sapienza’
Università di Roma, sul tema: MIGRAZIONI, IMPERO E CITTÀ DA ROMA A
COSTANTINOPOLI A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]
[1] V. Ilari, «Vaincre la mer par la terre»,
1793-1815. Guerra
commerciale, guerra al commercio, guerra ai neutri,
in Economic Warfare. Quaderno Sism 2017,
a cura di V. Ilari e G. Della Torre, Milano 2017, 125 ss.
[2] Moglie del primo ambasciatore americano a San
Pietroburgo e futuro presidente degli Stati Uniti Quincy Adams. V. Ilari et al., Markiz Paulucci. Filippo
Paulucci delle Roncole, 1779-1849, Milano 2014, 333 s.
[3] Paulucci è uno dei 5 generali russi di nazionalità italiana ritratto
nella Galleria militare del Palazzo d’Inverno. Sui 34 Ufficiali dell’Armata
sarda che parteciparono alla guerra patriottica al servizio di Alessandro I,
vedi Ilari, op. ult. cit., 385
ss. Su Paulucci personaggio letterario, v. Tatiana
Polomochnykh, Tolstoj e “Pauluci”
(1864-1867), in Markiz Pauluci,
cit., 349 ss.
[4] Correspondance de Napoléon I, 1868, 381.
[5] Come del resto avrebbe voluto Kutuzov, il
quale, con lungimiranza, temeva il danno che alla lunga sarebbe derivato agli
interessi asiatici della Russia dalla scomparsa di un contrappeso francese alla
superpotenza inglese.
[6] K. v. Clausewitz, Feldzug (Hinterlassene Werke, VII, 204 ss.).
[7] J.G. Droysen, Das Leben des Feldmarschalls
Grafen Yorck von Wartenburg, Berlin 1851. Per la
ricostruzione della vicenda e del ruolo di Paulucci, con la relativa
bibliografia, vedi V. Ilari, Markiz Paulucci, cit., 149 ss.
[8] Composta nel
1808 da Ludwig van Beethoven come marcia della Landwehr boema, fu ribattezzata
nel 1813 “Marcia del Generale Yorck”, diventando il simbolo della guerra di
liberazione nazionale (Befreiungskrieg) contro la dominazione napoleonica. E’
ovviamente anche la principale marcia militare della Bundeswehr.
[9] G.F. Kennan, The Fateful Alliance: France, Russia and the Coming of the First World
War, Manchester 1984.